di Elena Tebano
In epoca di incertezze sui grandi orizzonti, quando i modelli di riferimento sulla scena pubblica diventano sempre più fragili e intercambiabili, i ragazzi italiani tornano a guardare alla famiglia: sono i parenti più stretti a rappresentare la fonte primaria di ispirazione e valori. E sempre più spesso i giovani desiderano un futuro in cui più che il successo nella carriera o i riconoscimenti economici contino la qualità della vita e il tempo da dedicare ai propri interessi e alla famiglia.
È quanto emerge dalle ricerca «Teen’s voice: miti e valori dei giovani tra scuola, società e lavoro», che verrà presentata il 26 ottobre al Senato, realizzato dalla Sapienza di Roma e Campus Orienta/Il Salone dello Studente, ed effettuata su oltre duemila studenti degli ultimi due anni delle superiori che hanno partecipato ai Saloni dello Studente per l’orientamento universitario a Torino, Bari, Lamezia Terme, Pescara, Roma, Catania, Monza, Napoli, Milano, Firenze e Rimini.
Scarsa fiducia nelle istituzioni
Dalle loro risposte risulta che le ragazze e i ragazzi italiani hanno scarsissima fiducia nelle istituzioni: poco o per niente nel governo (89,9%), in un partito politico (84,8%), nella televisione (75,3%), nella Chiesa (65,2%), nei giornali (64,1%), nella politica europea (61%), negli esperti di economia (46,4%). Per cercare una direzione guardano invece molto più vicino all’esempio concreto di chi sta loro accanto: il 31% (il dato complessivamente più alto) quando deve indicare una persona che considera un modello di riferimento sceglie un familiare: in particolare la madre (6,6%), il padre (5,5%), il nonno (3%), i genitori in generale(1,8%) e poi la nonna(1,2%), il fratello (0,7%) e la sorella (0,6%). Di converso nessuno dei principali personaggi famosi a cui i giovani fanno riferimento è vivente: vengono tutti da un passato più o meno recente. Sono nell’ordine Nelson Mandela (2%), Rita Levi Montalcini (1,6%), Martin Luther King (1,4%), il Mahatma Gandhi (1,2%), Albert Einstein (0,9%), Leonardo da Vinci (0,8%), Giovanni Falcone (0,8%) e Steve Jobs (0,8%).
I valori forti: democrazia e lotta al razzismo
«Questi ragazzi hanno valori molto forti: credono nella democrazia, nella partecipazione e sono contrari al razzismo, ma hanno una “mitologia” frammentata — dice Domenico Ioppolo, responsabile del Salone dello Studente —. Hanno cioè punti di riferimento individuali, non generazionali: ognuno si cerca il proprio. Dipende dalla situazione di crisi generale che stiamo attraversando (l’81,9% degli studenti del Sud e il 70% del Centro Nord dicono che il lavoro non si trova), ma anche dalla società liquida in cui viviamo. In questo contesto però le loro madri e i loro padri, che pure in un certo senso sono stati sconfitti dalla storia, emergono come gli assi portanti».
Per gli adulti di domani conta inoltre moltissimo la dimensione extralavorativa: se il 64% cerca un lavoro che permetta di essere autonomi, il 61% vuole che sia stabile e si svolga in un ambiente confortevole, mentre il 62% desidera che lasci tempo libero, in particolare per la famiglia. «In generale dalle loro risposte emerge la tendenza a dare più importanza ai valori e alle esperienze vere invece che al successo e al possesso — conferma Ioppolo —. In questo sono davvero moderni, figli di quell’era dell’accesso di cui parlava Jeremy Rifkin: meno interessati ai beni tangibili che a relazioni positive con l’ambiente e le persone con cui vivono».
La scuola come agente formativo
A sorpresa la scuola, spesso accusata di essere lontana dai bisogni e dal linguaggio dei ragazzi, rimane un agente formativo importante. Non solo perché i professori compaiono nell’elenco dei modelli, ma anche perché quando si tratta di scegliere un libro o un film preferiti gli studenti indicano ai primi posti titoli che hanno spesso conosciuto in classe: come 1984 di George Orwell o Se questo è un uomo di Primo Levi (al secondo e al terzo posto dopo Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry) e come La vita è bella di Roberto Benigni. Tra i dati più importanti c’è la sostanziale uniformità delle scelte tra i ragazzi e le ragazze delle diverse regioni: «Sono molto simili a riprova che abbiamo fatto gli italiani — dice Ioppolo —. Le differenze paradossalmente le crea l’Italia: gli studenti del Sud dicono di abitare in un ambiente più degradato con meno strutture sportive, culturali e opportunità di lavoro. Tutti, però, da ovunque provengano, pensano che per avere successo nella vita si debba lavorare, studiare, impegnarsi».
Fonte: Corrieredellasera.it
25 ottobre 2016